201410.08
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D. AMMINISTRATIVO – Indennizzo – Cessione volontaria – Esproprio – Accessione invertita

La carenza di interesse del titolare del bene che abbia riscosso l’indennità, e che pertanto non abbia null’altro a pretendere, alla forma con cui si attua il trasferimento, decreto di espropriazione ovvero atto di cessione, è ribadita – con riguardo finora al regime antecedente al testo unico – da giurisprudenza costante, che ha evidenziato che l’accordo bonario sulla indennità ha il solo effetto di precludere ogni futura contestazione sull’importo dell’indennità di espropriazione, ma non comporta di per sé la cessione volontaria; una volta verificatasi l’accettazione dell’indennità provvisoria ed avvenuto il pagamento, l’Amministrazione può pertanto trasferire il bene mediante decreto di espropriazione (CASS 19673/2006).

Il ricorso del Comune allo strumento pubblicistico non appare impedito dalla presenza di un accordo bonario di cessione. Infatti, in assenza di una successiva stipula ed in presenza di una intervenuta ablazione di fatto del bene, il Comune si troverebbe sottoposto ad una responsabilità civile per illecito. Si tratta di una ipotesi non sconosciuta alla prassi giurisprudenziale, e diffusa tanto da indurre il legislatore a predisporre un rimedio ad hoc, nel D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”, che, all’art. 20 comma 9, recita: “Nel caso in cui il proprietario percepisca la somma e si rifiuti di stipulare l’atto di cessione del bene, può essere emesso senza altre formalità il decreto di esproprio, che dà atto di tali circostanze, e può esservi l’immissione in possesso, salve le conseguenze risarcitorie dell’ingiustificato rifiuto di addivenire alla stipula”. La scelta del Comune di tralasciare il procedimento consensuale in favore di quello autoritativo non appare quindi censurabile sotto il profilo della legittimità. Diverso è il profilo risarcitorio. L’intervenuto accordo non è senza conseguenze sulle modalità della cessione, stante la natura potestativa della posizione delle parti private le quali hanno diritto di raggiungere l’accordo sulla cessione bonaria, e considerato che ciò permette agli stessi di raggiungere una differente considerazione del valore dell’immobile ceduto. Il Comune, quand’anche decidesse sua sponte di procedere in via autoritativa, anche dove ancora poteva aver luogo il negozio civilistico, non può calpestare i diritti che derivano alle parti private dall’adesione al subprocedimento di cessione. È quindi lesivo, e comporta un rimedio risarcitorio, l’eventuale quantificazione dell’indennizzo per l’espropriazione in misura minore a quella che sarebbe spettata a seguito della cessione volontaria. (TAR NA 14186/2004).

Qualora durante l’intera procedura espropriativa l’effettivo proprietario del suolo oggetto di espropriazione (nel- la specie per effetto di accessione invertita) rimanga inerte, così ingenerando nell’ente espropriante la convinzione, nel trattare con quanti risultino proprietari in base alle risultanze catastali, di trattare con gli effettivi titolari del credito, correttamente l’espropriante provvede al pagamento della indennità del caso in favore dei detti proprietari catastali, non assumendo rilievo, al riguardo, la pubblicità degli acquisti immobiliari. Il sistema personale e dichiarativo di pubblicità degli acquisti (di cui agli articoli 2643 e seguenti del c.c.), infatti, non assume rilievo per quelli a titolo originario come l’espropriazione o l’occupazione acquisitiva che provocano la perdita del diritto in capo al titolare, qualunque sia il soggetto a carico del quale la trascrizione sia annotata, non avendo rilievo la continuità dell’articolo 2650 del c.c., indispensabile invece per gli acquisti derivativi. Cass. civ., Sez. I, 16/07/2004, n. 13162

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